La vera storia de 'gli Etiopi'

il banderia

Prima che il 1986 finisca, dopo le ferie estive post maturità, accadono ancora alcune cose curiose e destinate ad offrire alla fantasia del gruppo alcuni spunti eccellenti. In ordine: è una serata settembrina quando per ammazzare la noia serale decidiamo di trascorrere alcune ore al Luna Park. Ci finiamo spesso perché il Bucc è un ottimo tiratore e con il costo di tre colpi porta a casa sempre o una bottiglia di Martini o una bottiglia di wiskhy. Io Alessio e Gianluca siamo più mandarini, gente da calcinculo o autoscontro. Ska, tra tutti, è il più sofisticato e quindi il primo a subire il fascino dell'ottovolante, del labirinto di specchi, del castello dei fantasmi. Ciò però che più lo attrae e lo sconvolge è la pesca delle rane dalla bocca larga, quegli assurdi congegni di plastica che aprono e chiudono le fauci in attesa che qualcuno vi infili la lenza della canna da pesca. E' una folgorazione: nasce da questo insignificante episodio "Rane Mangione", il futuro successo etiope, una song destinata a durare nel tempo con identica linea melodica ma con sempre rinnovati arrangiamenti: si odono in essa influenze della musica popolare dell'Europa orientale, una ritmica tendente allo ska o, alternativamente al reggae bianco; il testo, tutto di Sergio, è assolutamente demenziale ma venato di quella certa malinconia e rassegnazione che sempre contraddistingueranno la tematica espressiva etiope. L'occasione per la presentazione al pubblico è il concerto natalizio (20/12/1986) al Magia. La sala è piena. Nell'occasione presentiamo, io e Alessio, un instant song ("La canzone di Natale"..!) destinata essa pure a restare negli anni irrinunciabile strenna natalizia per il pubblico nei concerti di dicembre. "Natale" è una versione edulcorata dell'immaginario del gruppo, davvero poco rispettoso dei sacri misteri della religione cattolica (San Giuseppe incredulo dello strano fatto si domandava come avesse fattoe il bue che di corna ne sapeva qualcosa …)

Altro significativo episodio accade in un giorno di grazia del mese di gennaio: in unico pomeriggio, con Ska e il Bucc, forse ispirati dalle due bottiglie di buon vino rosso consumate a pranzo, componiamo testi e musiche sufficienti per un nuovo album. Certo, è ormai parecchio tempo che nelle teste di tutti frulla qualcosa di indefinito: esistono bozzetti, linee melodiche sufficientemente definite, slogan che ben si prestano a ritornelli: ma nessuno avrebbe sospettato che in un solo pomeriggio tutto avrebbe potuto prendere forma così compiutamente. L'unicità di quel pomeriggio resterà nella storia del gruppo come ricordo indelebile. L'estasi creativa, in futuro, non avrà più occasione di manifestarsi in modo così dirompente e immediato…

Kappe, Ska, Bucc: il genio non riposa nemmeno in ferie

Il nuovo album viene quindi registrato in febbraio al Gamma Records in un'unica sessione in diretta; i brani (tra i quali non compare però Rane Mangione) si distinguono per la varietà melodica e dei testi. Il primo brano, "Canzone Tango", è un omaggio alla musica di balera ma anche, e soprattutto, al linguaggio espressivo del cabaret classico milanese (Cochi e Renato). Una storia di corna, dove rassegnazione e orgoglio combattono testa a testa. "W le suore!" è invece una lunga filastrocca dedicata agli anni dell'asilo, quei piccoli lager legalizzati dove è cresciuta la generazione degli Etiopi. "Safari metropolitano (sono nato in un quartiere dormitorio)" è invece una dura denuncia sociale: anche qui si tratta di ricordi dell'infanzia e della prima adolescenza, ma il taglio della canzone è diverso dalla classica produzione degli Etiopi. È un pezzo quasi autobiografico, sofferto e pessimista, che però incontrerà il favore del pubblico per lungo tempo fino ai giorni nostri. Puramente demenziale ma vestito di un abito blues bello e struggente è il brano seguente: "Amore bislacco", cantata da Gianluca e con il parlato iniziale del Bucc, è un attimo di estasi prima di incontrare l'altro piatto forte dell'album. "Sonia", infatti, sarà di lì a poco un nuovo cavallo di battaglia del gruppo: canzone stracantata, strarichiesta, stravolta mille volte da arrangiamenti sempre nuovi e apprezzabili. E' il classico pezzo etiope: testo ispirato ai lamenti paranoici dell'innamorato malinconico (il riferimento abbastanza diretto è il Baglioni di "Piccolo Grande Amore"), musica di "convenienza" – melodia all'italiana – ed esplosione finale dedicata agli odori del corpo di lei, causa unica del tramonto dell'idillio amoroso. Altro pezzo da novanta (è il caso di dirlo..) è "Moglie e buoi dei paesi tuoi", meglio conosciuta come la ballata di "Don Gaetano": un 2/4 da osteria sul quale Ska ha costruito l'odissea di un temibile siciliano venuto a Milano "con l'idea di pigghiassi ‘a mugghiera". Ahilui! capiterà in quel viale Zara ormai svuotatosi di signorine disponibili e riempitosi di simpatici e ingannevoli travestiti … Chiudono tre brani leggeri: "Hatu", che parla del pomeriggio tragico di una coppietta di fidanzatini alle prese con una maternità indesiderata ("Ma tu Ha-Ha-Hatù / hai perso il control – llo –lo di tu"); "Taxi Driver", un pezzaccio all'americana (stile Platters) che racconta i lamenti amorosi di un "lui" per un certo "Pasquale che fa il taxista"; "Siamo una band", inno autocelebrativo del gruppo.

Con il rinnovato repertorio ci presentiamo quindi alle selezioni di "Banderia" (l'attuale "Scorribande"), concorso per rock band emergenti del nord Italia. E' il concorso più prestigioso per la realtà cui appartengono gli Etiopi: vede schierate numerosissime realtà del rock cosiddetto di cantina: gruppi punk, dark, funky, progessive, di rock all'italiana etc.. Ma soprattutto vede giungere alla fine delle durissime selezioni solamente 12 bands che in due serate al teatro Cristallo (il "Propaganda" di oggi) si contenderanno i favori della giuria composta da critici, musicisti, gente del mondo dello spettacolo. Veniamo così contattati dalla proprietà del Magia che compare tra gli organizzatori del concorso insieme al Comune di Milano. Per partecipare al concorso occorre superare le eliminatorie; per superare le eliminatorie occorre suonare gratis al Magia il sabato pomeriggio (all'inizio sembra si tratti di un unico concerto, poi si rivelerà una vera e propria abitudine fino alle finali del concorso). Selezionatori saranno tali Fumo e Donda, spacciati per puri intenditori e critici, nella realtà due bei sacramenti (peraltro nostri quasi coetanei) che faranno fruttare al meglio la loro posizione portandosi a letto buona parte delle coriste, cantanti, musiciste dei gruppi in concorso..

Per gli Etiopi iniziano quindi un inverno e una primavera di appuntamenti con il pubblico. E il pubblico risponderà sempre con generoso entusiasmo: se durante i primi sabato pomeriggio il locale è pieno e non si riesce ad entrare, durante gli ultimi appuntamenti dovrà intervenire la polizia a rasserenare gli animi di chi non riesce ad entrare: la voce, infatti, circola sempre più insistente, al pari delle cassette. "Ci sono gli Etiopi" e via! Ecco che arriva una fiumana di liceali, universitari, teppistelli della banlieu, ex tossici, futuri tossici, tossici abituali. Ovvio che qualche problema di ordine pubblico venga a crearsi. Ovvio che spesso il gruppo ci speculi: a chi non piace la fama di gruppo maledetto?

Nel giro di breve si giunge alle finali del Banderia ‘87: venerdì 16 e sabato 17 Maggio tutti al Teatro Cristallo. Noi suonammo la prima sera: alcuni anni dopo mi è stato chiesto da ragazzi del Parco Nord di raccontare al microfono l'esperienza di quei giorni per il giornaletto della scuola. Quella che segue è la sbobinatura dell'intervista:

"arrivammo nel primo pomeriggio quando già gli altri avevano iniziato a fare i suoni e non venimmo accolti molto bene. All'epoca con gli altri gruppi non avevamo un buon rapporto: eravamo una band molto legata e molto chiusa. Ci fecero subito passare per dei poveracci: tutti i gruppi avevano una strumentazione costosissima e noi dovemmo faticare non poco perché qualcuno ci facesse spazio per la nostra misera tastiera. Anche gli organizzatori non nutrivano grande considerazione nei nostri confronti: ci rifilarono in un camerino all'ultimo piano con il gruppo, numeroso, dei Narrow Passes, ragazzi con almeno dieci anni più di noi. Con loro stringemmo invece un buon rapporto; erano dei bravi musicisti e proponevano un sound progressive sullo stile della vecchia PFM, del Banco, Area.. insomma musica che noi amavamo molto e che reputavamo fosse di competenza di gruppi molto preparati tecnicamente. Con le altre band, prima dell'esibizione, non legammo, anzi.. ci furono motivi di tensione: i ragazzi (alcuni dei penosi fighetti figli di papà) e le ragazze delle altre band entravano e uscivano dai loro camerini (delle suites rispetto al nostro!) con una frenesia incontrollabile: si passavano cerone, rimmel, cipria e cazzate simili.. Non che noi non fossimo agitati, anzi.. Io ricordo che in quel periodo arrivavo quasi sempre, sempre cioè, ciucco sul palco e quella volta non avevo fatto eccezione: prima che toccasse a noi, sarà mancata mezzora, mi venne da vomitare e trovai carino vomitare nel cesso del camerino di un gruppo con una bellissima cantante. Ho saputo dopo che ‘lo schifo che c'era in quel gabinetto' aveva fatto vomitare anche lei.. missione riuscita! Tornando al concerto: proponemmo Canzone Tango, Lorena, Cattivo, Skazzo Blues. Giungemmo sul palco tra gli applausi, segno che il pubblico in sala ci amava e comunque già ci conosceva. Tenemmo il palco molto bene e risultammo simpatici. Tanto bastò a farci vincere il concorso la sera dopo, quando ancora più ciucco, reduci io e il Bucc da un ristorante cinese, ritirammo la targa dalle mani di Christian De Andrè, messo male pure lui come noi. Non vi dico come ci rimasero male tutti: gli altri gruppi, gli organizzatori e qualche coglione tra il pubblico che ci odiava non so per che motivo, forse perché passammo due giorni in platea a battere le mani fuori tempo, trascinando buona parte dell'auditorio, per far sbagliare gli altri gruppi in gara…. Ad ogni modo si vinse e fu una bella soddisfazione".


Con il successo al Banderia si aprirà infatti una nuova stagione: concerti, contatti, passaggi sui giornali, riconoscimenti.
Ezio Gentile su LA REPUBBLICA del 18/5/87 scrive: "I migliori a conti fatti sono proprio i più sgangherati, Gli etiopi, formazione numerosa che con quattro motivetti espone un invidiabile repertorio demenziale davvero gustoso, da un tangaccio da balera a Skazzo Blues, a Cattivo, che meriterebbe fortuna. ‘Con gli altri bimbi io non giocavo – sbraita Alessio, un corpulento cantante dal braccio ingessato – ma dalla finestra di sotto sparavo e al mio fratellino gravemente malato mettevo nel collo un cono gelato'. Fanno una gran bella figura, sprizzando ideuzze allegre da ogni brano… ".
IL CORRIERE DEL TICINO del 20/5/87: "dei dodici presenti sul palcoscenico del teatro Cristallo ha vinto un gruppo dal sound suadente e genuino con un invidiabile repertorio demenziale che spazia da un tangaccio di balera a un blues che meriterebbe di entrare di prepotenza in una qualsiasi parade internazionale. Ricordiamo il nome di questa band, Gli Etiopi", che siamo sicuri farà senz'altro molta strada";
IL GIORNALE del 19/5/87: "il rock demenziale è la parola d'ordine di questa formazione che alla consegna della targa premio seguita a recitare a soggetto: ‘siamo commossi, ci sentiamo come la Pietà del Michelangelo'".



CORRIERE DELLA SERA del 28/5/87 in occasione del primo concerto post banderia del gruppo al Magia: "'Siamo Cattivi' cantano gli etiopi, otto studenti universitari che seguaci degli Skiantos e della filastrocca demenziale, tessono lodi a chi tenta di strozzare la compagna di banco o sporca la moquette di una banca, il tutto a tempo di Rock. E' il momento del Rock demenziale: una formula più vicina al cabaret classico di certa scuola vicino ai Gufi… un genere irriverente ma discreto… Gli Etiopi, la garage band di quest'anno laureata a pieni voti nella rassegna da poco tenuta al Teatro Cristallo… Grandi applausi per il cabarock degli Etiopi che prende tutto con filosofia, ironizza con il dovuto distacco sulle tematiche giovanili, prima di tutto l'amore. ‘Skazzo Blues' è stato il pezzo più applaudito di Banderia".



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