Non basterebbero ora pagine e pagine per raccontare il periodo più fecondo degli Etiopi, quello che si apre con l'arrivo di Cavotta, uno strumentista di eccellente fattura ma soprattutto un amico che lascerà in tutto il gruppo un ricordo indelebile del suo passaggio. Sono gli anni della consacrazione e dell'affermazione, gli anni dei concerti nei teatri, all'aperto in grandi piazze, negli auditorium delle scuole, delle Università, in giro per la provincia di Milano ma anche per il Nord Italia.. |
E così
scorre di fatto tutto il 1988: concerti, concerti, concerti. Il pubblico
che cresce, che ti segue, che scopri anche nella provincia più
remota dove, miracolosamente, sono giunte cassette pirata con "il
peggio de" GLI ETIOPI. E grazie alla fama dissacrante e blasfema,
ovunque il gruppo riscuote il suo successo: che sia una festa dell'Unità
in campagna o al Parco Sempione, che sia una bocciofila a Seregno, un
circolo nella bassa padana, un bar nel cuore di Milano. Si suona, si
gira
si beve, si fuma, si ciula (poco).
Così anche l'autunno e poi l'inverno: rispetto allestate
cambiano solo gli scenari. Si suona nei circoli, nelle cantine, nei
teatrini di provincia, nei bar e nei tanto amati locali milanesi. Quando
non si suona si coltivano le pubbliche relazioni o il recupero crediti:
si passa dal look fighettino post paninaro del martedì, mercoledì
(quello che dovrebbe far colpo sulle bariste e cameriere), al finto
intellettuale del giovedì (per le feste universitarie), a quello
da concerto del venerdì / sabato sera: T Shirts trasgressive,
jeans slavati, anfibi, chiodo. Stesso look con il quale ci si presenta
nei locali la domenica o il lunedì sera a far da esattori se
il buon titolare ha fatto la bella durante il concerto per non saldare
il conto
ah, anni davvero tosti. Ma il meglio lo danno le feste
private
Intanto torniamo in Studio, e questa volta in uno studio professionale
alle porte di Milano (zona Niguarda, quindi, si può dire, in
casa). Dobbiamo incassare il premio del Festival di Sesto, la registrazione
di una demo (2 pezzi). Dopo lunga discussione decidiamo per Sera
di Marzo e Lorena. Il
primo problema è rappresentato dalla disciplina di gruppo: tutti
vorrebbero primeggiare: mi alzi il basso? Mi dai più volume
alle tastiere? Non è meglio se risalta la voce? Poi viene
larrangiamento: si, perché registrare in diretta, dal vivo
o in studio, è unaltra cosa; la cassetta rimarrà
agli amici i quali si divertiranno. Oppure non si presterà poi
più di tanto attenzione alle sbavature e le più gravi,
allHammil o al Gamma, siamo stati abituati a cancellarle risuonando
il pezzo. Qui tutto cambia: prima basso e batteria, poi uno alla volta
gli altri, per ultima la voce. Distanza dal microfono precisa, fermo
così! Togli lorologio che cè un tic tac che
rientra dal microfono.. ricanta solo le ultime due parole che reincidiamo..
Ultimo problema è trovare spazio per tutti: in mancanza di una
chiara idea musicale di Sera di Marzo non si capisce bene come far coesistere
due chitarre. Di eliminarne una manco a parlarne: Marcello, Lello, si
incazza di brutto. Alla fine farà da rumorista, dovrà
cioè, giocando con gli effetti, dare colore al pezzo sottolineando
alcuni passaggi del testo. Ne uscirà una canzone stravolta, frutto
di troppi compromessi. Nemmeno la versione incisa di Lorena ci convincerà
più di tanto: così abituati a suonarla ad libitum, svincolati
da precise scansioni di tempo (quando ci esibiamo e anche durante le
prove è tutto un gioco di sguardi, cenni con la testa etc..),
qui dobbiamo rassegnarci , registrando su piste, a tenere perfettamente
le battute quadrate. Dopo anni di lezione di piano, il Kosta deve tornare
ad eseguire il pezzo con il metronomo, e questo per dare al sottoscritto
cantante la giusta misura di entrata. Ci sentiamo un po umiliati
ma si capisce benissimo che non siamo ancora pronti per qualcosa di
più serio. Ci penserà Cavotta, con la sua esperienza,
a farci fare qualche passo in avanti, iniziando da sessioni di prova
più disciplinate, sia per quantità che per intensità.
Passa così la stagione invernale, e ad ogni concerto si avverte un cambiamento: la sicurezza conquistata passo dopo passo ci permette di essere ancora più spavaldi sul palco. Lunghi a solo, finali rivisti, intro elaborate., Non cè che dire, stiamo migliorando. I pezzi però sono sempre gli stessi, idem la scaletta. A volte ho la sensazione di entrare in apnea (o trance) quando salgo sul palco e di risvegliarmi due ore dopo, quando scendo; siccome spesso cambiamo locali, posso permettermi le battute fatte la volta prima senza timore che ci sia qualcuno a ricordarsele. Cè un po di stanca, e anche il tradizionale concerto del Parco Nord, il 11/6/88, non presenta particolari novità. La scaletta, rappresentativa di quelle dellepoca (eccezion fatta per i pezzi finali: La signora, Ti squarto la vulva, Bambini Bastardi, che qui per ovvie ragioni non possiamo eseguire) è la seguente: Sonia, Amore bislacco, Canzone tango, Son contrario, Safari metropolitano, Mazurca, Lorena, Faccia da pazzo, Cattivo, Don Gaetano, Rane mangione, Femore, Skazzo blues (nella versione parco nord, ovvero con qualche strofa in più dedicata alla paranoia del Liceo), Bambola di gomma.
Riprendono quindi i concerti estivi, e come lanno precedente si suona dappertutto e molto spesso. In particolare, restano vivi nella memoria collettiva del gruppo due appuntamenti di quellestate: i concerti in Piazza del Cannone, dietro il Castello Sforzesco a Milano, e il concerto di Mezzago. Durante i primi familiarizzeremo con una nuova fetta di pubblico che poi ci seguirà in autunno / inverno al Sorpasso; durante il secondo assisteremo a scene di delirio puro da parte di alcuni amici al seguito. E una di quelle serate calde, in cui si inizia fare casino già prima che scenda il sole: aperitivi, birrette, pizzette, cannette, vinello etc. Il Bucc, in piena estasi creativa, montata la batteria scopre, allingresso della corte che ospita il concerto, un vecchio pianoforte: per oltre mezzora suona a ruota libera e canta, canta come mai prima dora. Il problema è che in vita sua non ha mai suonato altro che la batteria e non ha mai cantato altro che la Mazzurka E un vero delirio, ma nessuno riesce a farlo smettere. Solo linizio del concerto lo smuove e quando la calma sembra essere tornata, voilà: la brillante idea dei nostri accompagnatori; dopo lennesimo bicchiere di vino hanno fame e così si mangiano il bicchiere: scene di panico, sangue da tutte la parti, concerto sospeso fino a quando qualcuno tra il pubblico offre un passaggio al Pronto Soccorso. Poi, finito il concerto, eccoci pronti per riprendere la festa, e via di nuovo a bere, ballare e, quella sera si!, a limonare con le fans. Cè anche la casa libera Etiopi per sempre!
Al rientro dalle ferie si riprende con lattività: prove concerti prove concerti. Qualche idea nuova però si sta affacciando. Così ai primi del 1989 entriamo in studio per registrare, dopo varie prove, sei pezzi nuovi. Il basso di Cavotta e la batteria del Bucc danno la giusta ritmica ai pezzi, le tastiere del Kosta girano pulite, Ska è il maestro di sempre e Lello si integra alla perfezione. Nascono così Caro papà, Cacca di cane, Il fiume in piena, La cinese, Dimmi che ti và, Sempre più solo.
Caro
papà fa il verso ad un pezzo di Concato uscito nello
stesso periodo. Si tratta, nella versione del cantautore milanese, di
promuovere la campagna del Telefono Azzurro contro la violenza sui minori.
Nulla di personale con Concato: ma sono alcuni anni che tutto il panorama
della canzone (dautore, quando va bene, ma non solo
) italiana
è attraversato da un buonismo compassionevole da voltastomaco.
Canzoni contro laborto, a favore degli anziani, per la fame nel
mondo (capostipite quella terribile cialtronata di We are the world)
e via di questo passo. Come gruppo non possiamo che dissacrare la moda
del momento (oggi, infatti, sembra che nessuno più si ricordi
della "Stagione della Pietà"..), ed eccoci quindi a
dedicare ai Papà alcoolizzati di tutto il mondo alcuni versi
"Caro papà mi picchi sempre / anche quando suono buono
/ spegni quelle sigarette / proprio qui sulla mia mano / poi leghi stretti
me e la mamma / e ci dai dei gran calcioni / tu ci tratti come bestie
/ non vuoi mai sentir ragioni
Perchè ogni sera ti ubriachi?
Perchè violenti mia sorella? Caro papà ci picchi sempre
/ anche se non facciamo niente".
Cacca di Cane
è un classico pezzo cabarettistico, la lunga attesa della donna
amata alla fermata del tram quando
zac! Schiacciata una bella cacca
di cane, vestiti di bianco e celeste, ci sorprendiamo in mille acrobazie
per cercare di pulirci al meglio: ma la puzza, ahinoi, rimarrà
e così
Il fiume in piena è un pezzo ambizioso: inizia con un
a solo di basso con il ritmo scanditto dallo schioccare della dita;
ha un sapore notturno, un po jazzato (con tutti i limiti del caso..!)
e con un coretto doo op nel ritornello. Lintenzione è
quella di fotografare il gruppo alla fine degli anni 80, e veniamo
pressappoco così "
noi, figli di una birreria /
non ci priviamo del piacere di campare / forse è vero, ci lasciamo
trascinare / ma il fiume è in piena anche per noi
".
La Cinese prende
spunto dalla terribile influenza che quellanno ha flagellato Milano
e mezza Italia; è un gioco di parole semplice: " Magico
gennaio, Milano senza neve / nel nebbione velenoso mi son preso la Cinese
/ Era un locale esotico, lei mostra il suo menù / la lista è
stuzzicante le dico fai un po' tu / Capita l'intenzione mi simula un
inchino / accenna un gesto osceno e lancia l'occhiolino / giocando con
le dita mi indica un assaggio / poi piano, nell'orecchio, promette un
bel massaggio
". La melodia è ricercata rispetto
al nostro standard di allora: un bel giro di accordi di tastiera che
restano sospesi, un ritmo spezzato, cori finalmente studiati che completano
e concludono la canzone.
Dimmi che ti và e Sempre più solo sono due
rock tradizionali anche se con una veste un po più elaborata.
Mentre il primo verrà eseguito raramente (il testo non è
dei migliori) il secondo sarà per lungo tempo il pezzo iniziale
dei nostri concerti: ha una grinta notevole, tre cambi di ritmo e un
bridge con la chitarra di grande effetto. Il testo è una sorta
di disperata dichiarazione di non amore "allunga bene
i tuoi passi / cerca di starmi lontana / quellaria falsa da diva
/ non inganna nessuno
ce ne hai messo del tempo / per conoscermi
a fondo / ti uso quanto mi basta / e mi diverto un mondo / a vederti
soffrire senza cadere ai tuoi piedi / non ti amo, lo giuro! / anche
se non mi credi./ Sono sempre più solo / e mi diverto di più,
lo sai / se la sera ne ho voglia / trovo sempre qualcosa da fare
".
Di fatto sancisce la fine di una breve relazione e quando la canteremo
dal vivo per la prima volta (Sorpasso
16/5/89) cè una ragazza che dalla prima fila si
alza e lascia il locale
potenza della musica! La scaletta della
serata prevede tra laltro Caro papà, Sera di marzo,
Sonia, Rane mangione, la cinese, safari metropolitano, A discuteca,
lorena, femore, S.W.P.,
canzone tango, mazurca, La vechietta, Faccia da pazzo, Cacca di cane,
Fiume in piena, Don gaetano, Dimmi che ti va, Cappuccetto rosso, Skazzo
blues. Rispetto alla sessione studio si sono aggiunti due pezzi
nuovi: il primo, S.W.P., è il contraltare di Don Gaetano, una
specie di Joedel tirolese molto cabarettistico, interpretato con i calzoni
alla zuava, le bretelle, il cappellino della nazionale tedesca.
Il secondo, A discuteca,
è scritto e interpretato da Gianluca: siamo nel territorio di
Nino DAngelo, una discoteca anni 80, la donna (Pinuccia)
che ha appena lasciato il suo uomo nonostante la sua Alfetta-con-Autoradio-con-autoreverse.
Ma la tristezza svanisce al ritmo di discomusic perché "è
la discuteca che te fa mpazzì, che te fa ballà ma
anche nnammurà!".
Tornata la bella stagione riprendono i concerti allaperto. Il
primo in ordine di tempo si tiene a Como in una villa: è la festa
privata per il compleanno di una giovane Contessa. La sventurata
ha avuto la disgraziata idea di invitare alcuni gruppi della provincia
milanese (tra i quali Gli Etiopi) per rallegrare gli ospiti. Disgraziatamente
non ha posto limiti allinvito: ogni gruppo è cioè
autorizzato a portare con sé amici e amiche. Lentamente il giardino
della villa si riempie di ospiti inattesi: oltre alle band demenziali
arrivano gruppi punk della zona con il loro seguito. Con alcuni ci si
conosce e si fila damore e daccordo, con altri un po
meno. Sta di fatto che nel giro di poche ore si scatenerà linferno.
La casa viene messa sotto sopra, vasi cinesi volano dalle finestre,
gavettoni improvvisati, torte alla panna che finiscono su tappeti pregiati.
La Contessa è allo stremo: chiede il microfono per sedare i tumulti
ma leffetto che ne sortisce è deleterio. Infatti al mixer
resta collegato un altro microfono capitato nelle mani di un disgraziato
monzese (il cui nome preferisco tacere) che la dileggia e offende al
punto da farla esplodere in un pianto incontenibile. E il segnale:
laristocrazia comasca viene, senza alcuna presentazione ufficiale,
a diretto contatto con laristocrazia della banlieu milanese. Noi
preferiamo abbandonare le scene prima che si compia lirreparabile
e infatti, a poca distanza dalla villa, sulla via del ritorno, incrociamo
le volanti che corrono a sirene spiegate in soccorso della nobildonna.
Ma la giornata non è ancora finita: raggiungeremo alcuni compagni
di scuola ad una festa privata a Milano, allinterno della fabbrichetta
del papà di uno di loro: guarda caso ci resta in tasca il telecomando
del cancello aziendale, lunico in dotazione. E così cè
qualcuno che a notte fonda rimarrà bloccato in un capannone industriale
con la fidanzatina sedicenne (diteci grazie!).
Lestate
1989 ci ripropone, tra gli altri, i Concerti al parco Sempione:
sono serate di grandi temporali estivi che fanno disperare sullaffluenza
di pubblico. Invece, come per miracolo, mezzora prima dellinizio
degli spettacoli, tutto torna sereno, laria è fresca e
cè unatmosfera magica. Si fanno conoscenze strane
prima di salire suo palco: giocolieri, artisti di strada, vecchi tossici
o ubriaconi che sono di casa sulle panchine del Sempione. E spesso capita
che alcuni di questi salgano sul palco: lungi da noi ogni simpatia frikkettona,
fatichiamo non poco a temperare lardore artistico dei vari "amico
Fritz" che ti tolgono il microfono di mano o si lanciano nel delirio
più puro. Dentro, da sempre, siamo bastardi, poco vicini allo
spirito del tutti fratelli degli anni 70. E il nostro pubblico
è come noi: chiede per tutto il concerto Bambini
Bastardi, non vede lora di pogare, altro che sviolinate del
cazzo, giochi con i birilli, We shall overcome
. Pelo e Danilo,
fans irriducibili ancora oggi, ingaggiano una sparatoria (ad acqua)
con due poco divertiti Carabinieri di servizio al Parco; la birra scorre
a litri, le canzoni si susseguono luna allaltra, Caro
papà, Sera di marzo, Sonia, La discoteca, La cinese, Safari metropolitano,
Rane mangione, Lorena, Femore, Swp, Canzone tango, Mazzurca, Sono sempre
più solo, Faccia da pazzo, Cacca di cane, Fiume in piena, Don
gaetano, Dimmi che ti va, Bambini bastardi, Skazzo blues, La signora.
Appena prima di finire il concerto lanciamo un appello: "ragazze,
siamo a casa da soli, cè Ska che vi invita per una spaghettata
".
Beh, manco a dirlo ci raggiungeranno due vigevanesi che avevano assistito
due sere prima ad uno dei nostri tanti concerti alla Sforzesca. Eeehhh,
essere delle Rock star ha i suoi bei privilegi
.
Finita la stagione estiva si prosegue con i concerti al chiuso. Suoniamo
più volte al circolo Ancora: è il locale di Prato
Centenaro, Milano, il mio quartiere dormitorio. È il tipico circolo
di quartiere, la sala da ballo con il palco. Cè posto per
un sacco di gente e infatti il pubblico partecipa numeroso. Il costo
è per così dire "politico", cioè libero;
la birra costa poco, la causa è giusta (si tratta per lo più
di concerti pro Nicaragua o contro lembargo Cubano), nessuna censura.
E quindi ci divertiamo come dei matti: sono concerti che durano a volte
anche tre ore, fino a quando non ci staccano la spina. Cè
feeling anche con Giannone, il gestore. Qualche anno più
tardi, quando torneremo allAncora con il Maniglia, Giannone vorrà
salire sul palco con noi per eseguire la sua versione di "Piccolo
fiore", hit da balera (e del Maniglia) riarrangiata dal maestro
Palmieri, colui che insegnò per primo al Kosta come si tengono
le mani sulla tastiera
ragazzi, roba da brivido! Fuori tono, fuori
ritmo, imperterrito Giannone giungerà alla fine cantando tutto
di un fiato tra il delirio del pubblico che gli tributerà una
standing ovation. Poi, con lineffabile sorriso del vincitore,
ci saluterà scendendo dal palco a braccia alzate.
Altri concerti memorabili dellepoca sono quelli nellauditorium
dellIstituto Tecnico De Nicola di Sesto: performance divertenti
perché divertite: sul palco spesso ci fermiamo per il ridere
e cè una grande intesa. Durante la Mazzurka del Bucc balliamo
sul palco, stretti stretti nellestasi damor, mentre Alessio
propone una lunga serie di poesie e filastrocche demenziali risalenti
alla nostra adolescenza.
Una delle caratteristiche del gruppo è sempre stata quella di
non dividere gli incassi delle serate: la cassa comune è servita
in più occasioni a finanziare registrazioni, acquisto di strumentazione,
affitto di sale prove etc.. Lintensa attività concertistica
degli ultimi anni ci ha però permesso di accrescere notevolmente
il gruzzoletto amministrato da Ska. Si decide pertanto di inaugurare
la festa de Gli Etiopi, evento che diverrà tradizionale
dal 1989 in poi, sino ai nostri giorni. La prima occasione ci vede in
quel di Parma, dove nel frattempo si è trasferito Alessio. Una
bella serata di luglio ci troviamo alla Trattoria del Cavallino Bianco,
nel centro storico della capitale gastronomica dItalia. Marubbini
ai porri, trito di cavallo, affettati, formaggi, trebbiano, grappe.
Unabbuffata pazzesca. A mezzanotte iniziamo a importunare i giocatori
di carte dei tavoli a fianco; Alessio corteggia unavventrice che
sembra uscita da un fumetto di Alan Ford: passerà la notte, sbronzo,
addormentato nel baule della macchina.. Noi torniamo a Milano in condizioni
pessime: alle 03.00 siamo allAutogrill dove compriamo sacchi di
caramelle per ingaggiare una vera e propria battaglia nel parcheggio..
La gente stupita si allontana velocemente mentre sotto una raffica di
zigulì e caramelle mohu si accasciano al suolo le prime vittime..
Saremo a Milano alle prime luci dellalba e tireremo lora
di pranzo tra poker, cappuccini al bar sotto casa e cazzate tremende..
Nel settembre dello stesso anno torniamo in studio per registrare nuovamente i nuovi pezzi e questa volta anche la discoteca (più precisamente La cinese, Caro papà, Sempre più solo, A discuteca, Il fiume in piena, Cattivo, Dimmi che ti va); tre mesi dopo nuova registrazione (Lavoro nero, Femore, Sera di marzo, Lorena, Safari metropolitano, Sonia, La signora, Rane mangione, S.W.P., La cinese, Il fiume in piena). Siamo alla ricerca della formula migliore, degli arrangiamenti più convincenti: proviamo spesso, suoniamo spesso dal vivo la musica diventa parte fondamentale delle nostre vite. Attendono gli esami universitari e gli altri impegni: precedenza a Gli Etiopi!
Nel frattempo
stiamo diventando il fenomeno da baraccone: sempre più spesso
veniamo invitati a feste private nella convinzione che siamo dei buffoni:
"vedrai che risate, vengono anche gli etiopi..". La realtà
è ben diversa, perché giù dal palco ci divertiamo
a modo nostro: siamo un piccolo clan, con le nostre regole di comportamento
e un caratteraccio che, assai spesso, mal si concilia con la simpatia
salottiera di certe feste universitarie. In alcune circostanze andiamo
proprio col proposito di creare scompiglio: ci abbuffiamo, svuotiamo
il bar, tocchiamo le ragazze degli altri, poghiamo durante il ballo
insomma: rompiamo i coglioni. Chi ci invita non sa più come allontanarci
dopo che siamo arrivati; uno spasso! Capita a volte che si cucchi: in
questo è un maestro Alessio che spesso si apparta con giovani
educande corrotte dallalcool che il nostro, con abilità
Bukowskiana, è riuscito a far loro ingurgitare. Esemplare in
questo senso è la festa dei colleghi universitari di Cavotta,
in una fredda serata invernale: passiamo come gli Unni, ci comportiamo
da veri stronzi, freghiamo le ragazze, e alluscita, non contenti,
ci picchiamo tra di noi, dapprima per scherzo e poi sempre più
con cattiveria. Gli ospiti ci guardano allibiti: ma chi li ha invitati
questi? E questa è la domanda che più ci diverte quando
invece siamo noi a presentarci alle feste, senza invito
ma da
dove saltano fuori Gli Etiopi, chi li ha chiamati? Anni di pura bastardaggine..
Prima che lanno finisca siamo invece (regolarmente) invitati ad
una festa privata a casa (o meglio: in fabbrica) di un giovane industriale
sestese: ragazzi, è pieno di figa - come direbbe qualcuno! La
gente arriva a bordo di macchine stupende, le donne sembrano fotomodelle.
Tra gli ospiti alcuni personaggi famosi: Michele Alboreto, Massimo Boldi
(che suonerà un po la batteria). Viene servito un risottino
allo Champagne.. non è il nostro ambiente, ma chi se ne frega..
ciao, sono uno de Gli etiopi..! Mmmmhh
Altra situazione incredibile la viviamo al Jimmys di Canzo, locale gestito in quel periodo dalla mitica Big Laura, regina delle notti milanesi degli anni 70. Siamo ospiti donore, cantiamo un pezzo su base e poi divertitevi!!: il locale è un ricettacolo di donnine e travestiti che attendono la clientela. Si avvicina una (o uno..?) di queste hostess, tutta fasciata in un vestitino di pelle nera con a lato due cerniere lunghe quanto il vestito: abbassando la zip sussurra "Ciao, sono Manzottin: apri e gusta.." Buon appetito! Che notti quelle notti.
una scelta coraggiosa
etiopi@etiopi.it
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