La vera storia de 'gli Etiopi'

ancora sulla strada


Passano così alcuni anni tra concerti, progetti, nuovi brani, esperimenti. Travolti dalla vita di tutti i giorni si torna a respirare il mercoledì, giovedì sera quando ci si trova in mansarda da Claudio per provare. Due tastiere, basso, batteria, chitarra, voce: siamo al completo? No, qualcosa manca ancora… Forse i fiati? Al festival de L'unità di Milano del 1999 sale sul palco, improvvisamente, un saxofonista. Sarà un'esibizione divertente, ma ci rendiamo conto che non è l'aggiunta di uno strumento solista che può regalarci un'emozione. Forse un ensamble di fiati, un'intera sezione, ma valla a trovare… La vera necessità per il gruppo è uno strumento che sappia legare maggiormente i suoni, che renda i pezzi più completi e più … ballabili.

MANIGLINO
 
Arriva così Roberto, Maniglino (perché fratello minore di Maniglia) con le sue percussioni. È un divoratore di CD, maestro del tempo e del ritmo. Porta un'ulteriore ventata di allegria e freschezza e un grande contributo alle esibizioni dal vivo. Ripartiamo ancora una volta: pezzo per pezzo riarrangeremo i nostri cavalli di battaglia mentre vanno prendendo forma nuovi brani in mezzo a mille altri progetti musicali.

Nel 2000, data simbolo, eccoci pronti per il secondo CD: l'ambizione è quella di fare un prodotto distribuibile e quindi ci investiamo tempo ed energie. Registriamo al Sette Note Studio, nelle cantine sotto il C.P.M. di Mussida. I tecnici sono due sacramenti che si integrano immediatamente con lo spirito del gruppo. Trascorreremo insieme ore e ore divertendoci e costruendo un progetto musicale degno di nota. Tra i vari classici vi sono alcuni inediti: Dimmi come fai, Pendolare dell'amore, A' discoteca, Autogatto e Mototopo, Cosa hai fatto Laura?, Claudia l'Argentina, Ballata del tempo ritrovato (soli), Safari Metropolitano, Sonia, Tragedia.

Dimmi come fai è l'amara constatazione del tempo buttato via: ci si trova ormai quasi nel mezzo del cammin di nostra vita, dopo l'Università, la gavetta professionale, i sacrifici …e chi si va incontrare? Il vecchio compagno delle medie che smazzando gira in BMW con le tasche piene di grana: "T'ho conosciuto tanti anni fa / vendevi merda fuori da un bar / Senza un lavoro senza studiare / hai fatto il grano senza sudare / Adesso giri metallizzato / con certe fighe mozzafiato / Ti alzi tardi, ma dormi poco / e la tua vita assomiglia a un gioco / Tutta la vita senza uno stress / La paranoia non sai cos'è / Non ti lamenti non scoppi mai / Ma dimmi come fai!! … "Far sacrifici non serve a un cazzo" / hai confermato questa teoria / Hai fatto strada vendendo merda / senza nemmeno buttarti via". Pendolare dell'amore è una finta canzone romantica che gira attorno ad una melodia anni '70, con tanto di violini da orchestra e inserto ritmico in stile acid jazz. Inizia come una sambetta e si trasforma all'improvviso, in un brano alla James Taylor Quartet.. la canzone è in dedica ad un antico amore estivo, conosciuto in Val d'Aosta: "E son passati ormai parecchi anni / da quando io venivo con la Guzzi / all'alba del sabato mattina / sulla stradina di montagna / e tu aspettavi ai bordi del tornante / e ti sbracciavi appena intravvedevi / due occhi di ragazzo un po' cresciuto / lampeggiare sotto ai miei capelli neri / Parlavi un valligiano molto stretto / che a me suonava quasi un bel francese / capivo quel che c'era da capire / e non ho avuto mai troppe pretese / se non quella di averti più vicina / ma solo nel fine settimana / passare quei due giorni di riposo / tra i cuscini del tuo seno generoso". Altro inedito è Autogatto e Mototopo, rilettura dei due personaggi dei cartoon a tanti anni di distanza, ormai invecchiati e protagonisti di scelte di vita differenti: "Autogatto è riflessivo / Più pacato e bonaccione / Mototopo un gran bastardo / Uno senza religione … / Autogatto è reazionario / Tutto casa e officina / Mototopo beve forte / E poi sniffa cocaina … / Autogatto fa la spesa / Mototopo gliela ruba / Autogatto va a Riccione / Mototopo invece a Cuba". Poi i due si confessano: "Io sono Autogatto / ero un tipo un po' distratto / poi mi sono accasato con la micia / Le voglio molto bene / le sono anche fedele / e spesso le pulisco le candele / Io sono Mototopo / quel che trovo me lo scopo / e non credo che mi vada di cambiare / Sono mica Topolino / con quel ratto della Minnie / che a pensarci a me mi viene da sboccare".

La registrazione riesce bene, ma prima di mandarla in stampa e distribuirla (finalmente!) vorremmo aggiungere due nuovi pezzi appena sistemati. Il primo è Reggae! un atto di guerra alla fidanzata modaiola, sempre pronta a ringiovanire con avventurosi viaggi esotici (…a Kingston Jamaica con l'Alpitour); al contempo è una confessione di fastidio per la nuova tendenza dei locali del momento: ovunque si vada solo Reggae, Reggae, Reggae e gergo da cazzoni: "Bella Raga, il sound system è pronto, fratello metti un po' di sballo jamaicano sul piatto.." e cazzate simili. "Reggae … reggae - recita il testo - come al centro sociale / Reggae ... reggae / Come a Milano ma senza di me…/ reggae ... reggae / tu e il tuo cazzo di reggae / Reggae ... reggae / Woman no cry, Jammin', Could you be loved?". Il secondo, Un tipo lounge, è invece l'amara constatazione, su una ritmica beat, di quanto difficile sia avere un minimo di stile e vivere nella più grigia periferia metropolitana: " È triste essere un tipo lounge / È triste qui nella banlieu / Avere dei gusti chic / Passare per uno snob / Bevo un caffè / Viaggio in metro / E fumo sigari allo smog".

Il resto è storia di oggi: le prove, i nuovi pezzi in cantiere, il recupero di quelli vecchi che sembravano abbandonati, il sito internet. Si riaffacciano vecchi amici (come non ricordare il buon Isacco Sacco, apostolo della fede demenziale in quel delle Orobie con i suoi Manowall), scopriamo nuovi locali dove suonare (il Waco's di Lesa, sul Mago Maggiore, il Barbarossa di Seregno, gestito dal nostro amico Matteo, il Dynamo della nostra amica Ambra - forse il posto migliore degli ultimi anni dove proporre il nostro spettacolo - il Pataverta di Carugo, gestito dall'inossidabile Andrea, fan del gruppo da oltre un decennio).

A diciotto anni dalla fondazione del gruppo siamo ancora qui, un po' invecchiati nel corpo ma non nello spirito; d'altra parte un etiope non può mai essere vecchio perché la demenza è una cura contro l'invecchiamento. D'altra parte già gli skiantos, anni fa, ci avevano avvertiti che non c'è gusto in Italia ad essere intelligenti. Li abbiamo presi in parola, siamo Etiopi e, come dice la canzone 'per sempre!'



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